Benvenuti nell’antropocene dove carbone, plastica e radioattività segnano un’epoca, la nostra

Benvenuti nell’antropocene dove carbone, plastica e radioattività segnano un’epoca, la nostra

Sarà per quei frammenti di plastica incorporati nelle rocce scoperti alle Hawaii. Per le polveri di carbone risalenti all’800 e sepolte negli strati profondi dei ghiacci al Polo nord. Sarà soprattutto per gli elementi radioattivi dispersi nell’atmosfera all’epoca dei test nucleari. Fatto sta che gli esperti ora vogliono mettere il timbro su una realtà che è sotto agli occhi di tutti: l’impronta dell’uomo sul pianeta ha raggiunto una profondità che la rende irreversibile. È necessario decretare la fine dell’olocene e l’inizio dell’antropocene: l’era geologica dell’uomo.

La proposta è stata presentata al Congresso internazionale di geologia a Città del Capo. A farsene carico è stato un gruppo di 35 scienziati riuniti nell’Anthropocene Working Group, una costola dell’International Union of Geological Sciences. Ma il termine antropocene è entrato da tempo nel vocabolario della scienza. A popolarizzarlo è stato nel 2000 il Nobel per la chimica Paul Crutzen, che ha scritto Benvenuti nell’antropocene riprendendo la parola coniata dal biologo Eugene Stoermer negli anni ‘80.

geological periods-antropocene_The Guardian

Per corroborare la sua richiesta, a gennaio il Working Group aveva scritto su Science che le tracce dell’attività umana erano ormai inglobate nella stratigrafia del pianeta e che un ipotetico geologo vissuto fra un milione di anni avrebbe guardato ad alluminio, cemento e plastica come alle tracce inconfondibili di questa era, insieme alle fuliggini della combustione degli idrocarburi, alle tracce dell’innalzamento dei mari e, appunto, alle radiazioni delle esplosioni atomiche.

Proprio quest’ultima impronta — forse la più duratura — dovrebbe fissare l’inizio dell’antropocene al 1950. Altri suggerimenti riguardavano la scoperta dell’America (esempio senza precedenti di globalizzazione di alcune specie viventi) o l’inizio della rivoluzione industriale, che grazie alla sua produzione massiccia di fumi si pone come primo capitolo della storia del riscaldamento globale.

Per 12mila anni, dopo la fine dell’ultima era glaciale, l’olocene ci ha garantito un clima stabile e gradevole, facendo da culla alla specie umana. Il rapido aumento delle temperature degli ultimi 100-150 anni (un battito d’occhio in termini geologici) fa ora presagire l’inizio di una corsa sulle montagne russe. Sempre quest’anno, in primavera, nell’atmosfera è stato misurato un livello di anidride carbonica mai registrato negli ultimi 66 milioni di anni. A quell’epoca risale anche l’ultima estinzione di massa (quella dei dinosauri), prima dell’attuale che sarebbe in atto per mano dell’uomo, l’unica specie che è stata capace di cambiare la forma, la chimica e la biologia della Terra.

Non tutte le previsioni sono però pessimiste. Sir Martin Rees, astronomo reale in Gran Bretagna, ha scritto sul Guardian che la nuova era, grazie alla rivoluzione dell’elettronica, potrebbe portarci verso la conquista di altri pianeti.

Fonte: La Repubblica

Data: Agosto 2016

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