Il mercato del gas diventerà regionale

Il mercato del gas diventerà regionale

A seguito della scoperta del giacimento di gas da parte dell’Eni nelle acque antistanti l’Egitto, abbiamo intervistato Emanuele Belsito, Partner and Managing Director at The Boston Consulting Group, per capire quali possano essere le implicazioni che si celano dietro a tale scoperta.

Cosa significa da un punto di vista dell’Egitto la scoperta del giacimento di gas? Le ultime notizie riportano infatti che il paese ha detto che il giacimento servirà esclusivamente per soddisfare la domanda interna.

Si tratta di un evento estremamente rilevante, tale da garantire l’indipendenza dell’Egitto dalle importazioni. Attualmente il paese è in una situazione di import e questa scoperta potrebbe determinare un cambio di scenario, soprattutto alla luce del fatto che il Governo egiziano stava discutendo di possibili importazioni di gas da Israele. È evidente che con il nuovo giacimento ulteriori importazioni non saranno più necessarie, se non come valvola di sicurezza. Gli egiziani hanno inoltre impianti praticamente fermi che stavano pensando di “affittare” per l’export dei giacimenti di Cipro e Israele. Alla luce della scoperta del giacimento Eni che andrà a soddisfare la domanda locale, questa ipotesi si fa ancora più plausibile. Saranno comunque necessari un paio di anni perché si avvii lo sfruttamento del giacimento, il tempo necessario per lo sviluppo di parte delle infrastrutture che andranno a completare quelle già esistenti.

Quali potrebbero essere le dinamiche con gli altri paesi a seguito di tale scoperta? In particolare con paesi come Israele, Cipro e il Medio Oriente.

La presenza di questo giacimento fa sì che Israele e Cipro, che vedevano nell’Egitto la possibilità di esportare i propri volumi di gas, vedono venir meno il mercato egiziano per il loro export. Non ci dimentichiamo che nei prossimi anni è estremamente verosimile che si verifichi un mercato particolarmente lungo di GNL. Di conseguenza i paesi produttori si troveranno nella necessità di individuare un mercato di sfogo per il proprio gas.

L’Egitto paradossalmente si trova in una situazione migliore rispetto ai paesi che avevano una forte produzione interna, perché ora può soddisfare la propria domanda mentre paesi esportatori dovranno affrontare una fase di lungo mercato dove diventerà sempre più importante avere un mercato di sbocco.

Di fatto si sta invertendo la situazione. Il mercato spot aumenterà i suoi volumi, i prezzi si allineeranno e i picchi che hanno caratterizzato il mercato fino a qualche tempo fa si verificheranno come eccezione e non più come regola.

Quali le conseguenze per la comunità internazionale?

Se immaginiamo che effettivamente ci sia un allineamento dei prezzi, il mercato dell’energia tornerà a essere un mercato “regionale”, dove si rimarrà in area Europea, Nord Africana e mediorientale, evitando così viaggi oceanici per il trasporto di GNL. L’Egitto sarà autosufficiente, mentre gli altri paesi rimarranno in area regionale. L’unico gas che potrebbe attraversare l’oceano è quello americano dello shale, che porterebbe volumi limitati e non credo sarà influenzato dai volumi del nuovo giacimento.

L’Egitto ha recentemente avviato un piano di sviluppo per il solare, questo come si relazionerà rispetto alla scoperta del giacimento? Quali effetti a livello economico?

Ritengo che i piani di sviluppo procederanno in parallelo. Rimane comunque la necessità di produrre energia elettrica, piuttosto che solo gas per l’industria, e il piano per il solare non è alternativo. Penso all’Algeria che in una situazione crescita della domanda interna di energia (e di sostanziale mantenimento dell’export gas) simile ha avviato un programma di sviluppo per il solare. Ci si aspetta quindi che il programma egiziano per il fotovoltaico rimanga invariato, poiché andrà a completare quello che è oggi il piano di sviluppo del gas. Inoltre il solare ha il vantaggio che non necessita di particolari infrastrutture, a differenza del gas, poiché si basa su generazione distribuita.

Quali potrebbero essere i costi esterni legati alla scoperta del giacimento, in termini di impatti sull’ambiente, sulla sicurezza?

Da un punto di vista ambientale, quello che era un gas di import, ora viene prodotto localmente, per cui non mi aspetto impatti differenziali. Il gas soddisferà la domanda locale, ma è una domanda che già preesisteva e veniva soddisfatta con gas di importazione. Non si tratta quindi di una sostituzione di una fonte pulita con una fonte più sporca, ma parliamo di parità di fonti. Non vedo quindi un impatto rilevante. Il gas che l’Egitto acquistava è, e rimarrà, sul mercato trovando un nuovo paese disponibile ad acquistarlo. Non vi è sostanzialmente un particolare impatto sul mercato, si avrà probabilmente solo un riequilibrio dei prezzi.

Eni ha dichiarato che si potranno iniziare le estrazioni a partire dal 2018. Da un punto di vista tecnico quali saranno i prossimi step? Che impatto avranno sui costi?

I prossimi passi sono quelli previsti da un qualsiasi giacimento. Ci saranno ulteriori perforazioni, si dovrà definire la maglia dei posti di produzione, infrastrutturare i tubi sottomarini e collegarli a quelli già esistenti sulla terra ferma, per poi avviare la produzione. Da un punto di vista dei costi, questo tipo di giacimento si colloca in un livello medio, economicamente più impegnativo di un giacimento onshore, ma sicuramente meno di un giacimento offshore dove è necessario fare l’infrastruttura completa.

Che lei sappia, le ricerche esplorative di Eni sono rientrate nell’ambito di un programma di finanziamento da parte di World Bank o del Governo italiano? Quali sono solitamente i sussidi all’esplorazione che vengono dati alle aziende come ENI?

Non ne sono al corrente, ma non credo che siano previsti dei sussidi.

Quando si verifica una scoperta commercialmente producibile, come in questo caso, generalmente esistono dei contratti dove la compagnia energetica sostiene le spese di esplorazione e in alcuni casi in partnership con una national company locale; nel momento in cui si avvia la produzione la società deve riconoscere delle royalties al Governo locale e – in molti casi – parte della produzione è trattenuta a rimborso dei costi di sviluppo.

 

Belsito Emanuele Belsito

Laureato al Politecnico di Torino, ha ottenuto un MBA alla SDA Bocconi. In BCG si è occupato di Utilities (Power & Gas) e Oil. Ha realizzato piani strategici e di business per alcuni grandi player, come per la Business Unit idrocarburi di un operatore italiano multiutility.

Sempre in Italia ha guidato il team dedicato all’analisi dell’evoluzione del mercato del gas, mentre per diversi Paesi europei ha seguito la definizione di modelli per il mercato dell’elettricità. Inoltre è stato coinvolto in diversi piani di due diligence su infrastrutture del gas (distribuzione, rigassificatori, stoccaggio). Nell’Oil si è occupato della valutazione delle opportunità di investimento in infrastrutture in Europa, di efficientamento delle raffinerie di uno dei maggiori player europei del settore, nel contract analysis, nella definizione della contracting strategy e nell’organizzazione logistica per la realizzazione di un grande progetto offshore/onshore.

E’ partner dal gennaio 2015. Prima di entrare in azienda, l’Ing. Belsito ha lavorato in Impregilo come Responsabile per i Servizi Tecnici in diversi progetti in Cina, il Pakistan e Islanda.


Tags assigned to this article:
combustibili fossiliEnigaspolitiche energetiche

Articoli correlati

Intervista a Michele Appendino di Solar Ventures

In occasione della conferenza “Solar Market Parity Europe”, Solarplaza ha intervistato Michele Appendino, Presidente e CEO di Solar Ventures, un

Il crollo del petrolio che preoccupa e non aiuta l’economia

di Giuseppe Colombo È una tempesta perfetta quella di un petrolio che nonostante i prezzi così bassi non riesce a

Rockefeller Fund: «L’era del petrolio sta per finire»

Stephen Heintz, presidente della Rockefeller Brothers Fund, ha spiegato in una intervista alla società di informazione tedesca DW come ha