La dipendenza dai sussidi per l’energia
I prezzi dell’energia sono in calo da un anno. Nel corso dell’ultimo mese, questa tendenza ha subito un’accelerazione. Il 24 luglio, il prezzo di un barile di petrolio in America ha raggiunto il minimo, pari a 48 dollari. Nonostante questo, i governi stanno ancora facendo sfoggio dei sussidi per sostenere la produzione.
Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia (IEA) – un’organizzazione che rappresenta i Paesi utilizzatori di petrolio e gas – i combustibili fossili stanno raccogliendo sostegni per 550 bilioni di dollari ogni anno: si tratta di una cifra quattro volte più alta di quella destinata alle energie rinnovabili.
Le stime del Fondo Monetario Internazionale (IMF) sono sostanzialmente più elevate. Nello scorso maggio si è calcolato che, nel 2015, questi Paesi spenderanno 5,3 trilioni di dollari per sovvenzionare petrolio, gas e carbone, contro i 2 trilioni di dollari spesi nel 2011. È l’equivalente del 6,5% del Pil mondiale, ed è più di quello che i governi di tutto il mondo spendono per la sanità. In un periodo di prezzi dell’energia bassi, debito pubblico elevato e crescente preoccupazione per le emissioni, una spesa del genere trova scarse giustificazioni. Allora, perché il mondo dipende dai sussidi energetici?
I governi hanno escogitato diversi modi per dare sovvenzioni statali ai combustibili fossili. La maggior parte delle ricerche analizza il “consumo” di sovvenzioni, piuttosto che il supporto o gli incentivi fiscali a chi produce.
Misure tradizionali come “al lordo delle imposte” mantengono i prezzi sotto i costi di fornitura, così da permettere alle persone di fare il pieno alla propria auto, o di accendere le luci: misure particolarmente popolari nei paesi in via di sviluppo. In nazioni produttrici di petrolio come la Nigeria o il Venezuela, i prezzi bassi per il carburante sono visti dalla popolazione povera come uno dei pochi vantaggi ad avere una grande disponibilità di risorse naturali. Anche i paesi ricchi utilizzano le sovvenzioni – l’IMF dice che l’America è il secondo più grande colpevole al mondo considerato che quest’anno spende 669 bilioni di dollari – ma per lo più utilizzando sistemi “al netto delle imposte” che, nel calcolo del prezzo, non riescono a tener conto dei costi dei danni ambientali.
Fonte: The Economist
Data: Luglio 2015
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