L’Italia come Pinocchio: 14,7 miliardi l’anno di sussidi alle fonti fossili
Sembra incredibile, ma anche se tutti sanno che il problema da risolvere è tenere sotto terra i combustibili fossili, e tutti i leader si sperticano in commoventi dichiarazioni sul futuro dell’umanità, i medesimi leader continuano a concedere generosi sussidi per l’estrazione e il consumo di petrolio, carbone e gas: 550 miliardi di dollari nel 2013, ha calcolato l’Agenzia Internazionale dell’Energia, ovvero quattro volte più di quanto viene concesso per incentivare le fonti energetiche rinnovabili, e utilizzando addirittura 250 meccanismi di agevolazione. Sussidi che oltre naturalmente ad aumentare le emissioni di gas serra che provocano il riscaldamento globale creano gravissime distorsioni al cosiddetto libero mercato e aggravano i già traballanti bilanci statali. Non fa eccezione l’Italia, che negli ultimi tre anni ha drasticamente tagliato i sussidi all’energia pulita, ma che secondo un rapporto di Legambiente pubblicato il 4 dicembre scorso eroga ben 14,7 miliardi di euro in aiuti al comparto delle energie fossili.
Si tratta di una sorpresa non molto “sorprendente”: la strategia energetica varata dal governo in carica ha ufficialmente riaperto la stagione delle trivellazioni petrolifere, tra mille polemiche, e ha confermato un drastico ulteriore taglio degli incentivi alle rinnovabili. Qualche giorno fa il premier Matteo Renzi si è presentato a Parigi alla Cop21 spiegando che l’Italia conta su due “player” come simbolo e protagonisti della nuova era energetica: l’Enel (che in effetti in pochi mesi ha varato una svolta verde, ancora però tutta da sostanziare) e l’Eni. Ovvero uno dei maggiori gruppi planetari del settore degli idrocarburi più tradizionali, come il petrolio e il gas, accusato in Nigeria di adottare politiche ambientali distruttive.
Come si arriva a quota 14,7 miliardi di sussidi alle fonti fossili per il nostro Paese soltanto per il 2015? Sommando i molti sussidi diretti e indiretti, erogati in forme diverse: esoneri dall’accisa, sconti, finanziamenti per opere e altro ancora, distribuiti ad autotrasportatori, centrali per fonti fossili e imprese energivore, sconti e regali per le trivellazioni. Tutte attività che inquinano l’aria, danneggiano la salute e che sono la principale causa dei cambiamenti climatici. Per semplicità, lo studio non considera i costi da esternalità legati a queste attività, come ad esempio l’inquinamento generato o i costi sanitari connessi. E i curatori denunciano la scarsissima trasparenza con cui vengono dato questi fondi.
Il quadro dei sussidi alle fonti fossili in Italia nel 2015
Si comincia con i 4,7 miliardi di euro di sussidi al trasporto. In questo pacchetto rientrano fondi diretti al settore, sconti sui pedaggi autostradali, riduzioni sui premi Inail e Rca oltre a deduzioni forfettarie non documentate, ma anche esenzioni dall’accisa sul gasolio impiegato come carburante per l’autotrasporto merci. Ulteriori riduzioni sulle accise sui carburanti vengono concesse alle imprese che operano nel settore del trasporto aereo e marittimo; a quelle del comparto della pesca. Ma anche a chi ha un’attività in campo agricolo, orticolo, di allevamento, silvicoltura, piscicoltura e florovivaistica.
Ben 907 milioni vanno alle centrali che utilizzano fonti fossili con lo schema del Cip6, ovvero impianti alimentati a combustibili di processo o residui o recuperi di energia e impianti alimentati con combustibili fossili o idrocarburi. Queste centrali avranno acquistata la loro energia a un prezzo più alto di quello di mercato da parte del Gse e garantita dal prelievo in bolletta dei cittadini e dalla vendita dell’energia prodotta.
Sono 2 miliardi i miliardi di euro che vengono erogati attraverso la cosiddetta Riu impianti da fonti fossili. Stiamo parlando di un meccanismo di elusione fiscale collegato alle cosiddette Reti Interne di Utenza di fabbriche, centrali, impianti siderurgici e raffinerie che si producono energia elettrica per “uso interno”. A parte i 74 milioni che vanno alle centrali elettriche nelle isole minori (che potrebbero tranquillamente usare fonti pulite) ben 1,16 miliardi di aiuti vanno alle cosiddette imprese energivore, sotto la forma di sconti ai grandi consumatori di energia (aziende che lavorano i metalli e così via). Sconti che non premiano efficienza e risparmio, in modo da generare riduzioni strutturali di consumi e di spesa per la bolletta, ma tengono artificialmente sul mercato aziende che non sono in realtà più concorrenziali.
Sono 639 i milioni di euro erogati ogni anno per assicurare il cosiddetto servizio di interrompibilità; in pratica gli utilizzatori finali di energia elettrica (generalmente grandi e grandissime aziende con consumi stabili) vengono rimborsate perché concedono il diritto al gestore della rete (oggi Terna) di tagliare all’improvviso la fornitura di elettricità qualora ci fossero esigenze straordinarie e si dovesse isolare la rete per evitare blackout. Ben 2,1 miliardi vengono dati alle aziende che trivellano il suolo in caccia di idrocarburi, sotto forma di royalties molto basse rispetto al resto d’Europa per le imprese che scavano; in altri casi ci sono esenzioni totali, o i canoni per i permessi di prospezione sono inalterati da anni. Circa 947 milioni svaniscono per finanziare una serie di esenzioni e riduzioni (ad esempio per aree geografiche e settori economici svantaggiati) che potrebbero tranquillamente essere sostituiti da aiuti “green”. Infine, altri 2,1 miliardi vengono spesi per il finanziamento di progetti internazionali legati alle fonti fossili, attraverso partecipazioni e acquisizioni in società petrolifere e gasiere da parte di Cassa depositi e prestiti e garanzie di credito all’esportazione fornite dai servizi assicurativi del Commercio estero.
Fonte: La Stampa
Data: Dicembre 2015
Leggi la ricerca di Legambiente
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