Tremiti: crollo del greggio, Petroceltic rinuncia alle trivellazioni

Tremiti: crollo del greggio, Petroceltic rinuncia alle trivellazioni

Il crollo del prezzo del petrolio, sceso stabilmente sotto i 40 dollari, mette in crisi i progetti per la ricerca dei nuovi giacimenti dei grandi colossi del petrolio, da Shell a ExxonMobile. Figuriamoci quelli dei piccoli operatori indipendenti. Molto semplicemente è questa la ragione che potrebbe mettere fine a uno dei progetti più controversi degli ultimi anni: l’esplorazione dei fondali, alla ricerca di idrocarburi, al largo delle isole Tremiti.

La società anglosassone di diritto irlandese Petroceltic ha deciso di alzare bandiera bianca: con una comunicazione inviata al ministero dello Sviluppo economico – che ne ha dato prontamente notizia – rinuncia a proseguire nella sua esplorazione. Dandone la colpa sia a quanto sta accadendo sui mercati finanziari, ma non rinunciando a polemizzare con lo Stato italiano, che non sarebbe in grado di creare un ambiente favorevole agli investimenti. “Essendo trascorsi 9 anni dalla presentazione dell’istanza – si legge in una nota ufficiale – periodo durante il quale si è registrato un significativo cambiamento delle condizioni del mercato mondiale, Petroceltic Italia ha visto venir meno l’interesse minerario al predetto permesso”.

Ma non c’è soltanto il calo del greggio ad aver fermato le trivelle, sempre secondo il parere di Petroceltic. La quale ha fatto sapere di non aver intenzione di abbandonare del tutto il nostro paese, ma di aver avviato “un’ottimizzazione strategica, tecnica ed economica dell’intero portafoglio italiano, a seguito dei ripetuti cambiamenti della normativa italiana di settore e di un’attenta analisi che la società controllante, Petroceltic international, ha elaborato alla luce delle evoluzioni del mercato globale”.

Tradotto dai comunicati ufficiali, questo significa che a questo livelli di prezzi, gli investimenti non possono essere profittevoli. Ed è meglio andare dove potrebbero esserlo. Società come Petroceltic – fanno notare gli addetti ai lavori – devono avere una serie di permessi nella aree del mondo più diverse, proprio per essere più flessibili. Ma con quanto sta accadendo sui mercati, e con le difficoltà da parte delle banche a concedere prestiti, non sembra più possibile mantenere l’intero portafoglio di permessi. Le difficoltà di Petroceltic – quotata alla borsa di Londra e di Dublino – si leggono anche nei numeri della società: l’utile nel 2013 era stato di 77 milioni , mentre l’anno scorso è sceso a 3,2 milioni di sterline

Il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi ora spera che la rinuncia possa in qualche modo concedere una tregua nelle polemiche di comitati e ambientalisti contro le ricerche in mare:  “Spero adesso che, grazie anche a questa scelta venga messa una volta per tutte la parola fine ad alcune strumentalizzazioni sul tema delle attività di ricerca in mare che erano infondate già prima e che lo sono, a maggior ragione, dopo la decisione della Petroceltic”.

 

Fonte: La Repubblica

Data: Febbraio 2016

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